La terzietà di chi dirige
Inaspettatamente (ma non per tutti) il ministro Valditara ha riaperto, dopo tanto tempo, il dossier sui contenuti dell'insegnamento scolastico. Inaspettatamente (ma non per tutti) ha varato, in una prospettiva di innovazione, una commissione esclusivamente pedagogica, incaricata appunto di provvedere. Com'era prevedibile ciò ha provocato immediatamente reazioni tutt'altro che concordi, sul senso e il merito della decisione.
Personalmente mi sento doppiamente 'parte in causa', sia perché del tema mi occupo da tempo (ne ho parlato qui proprio pochi giorni fa) sia perché quella del sapere e della riflessione in pedagogia è l'area generale entro cui continuo a muovermi, anche in ambito extra accademico.
Tra gli interventi critici che ho potuto leggere finora, il più meditato e argomentato è quello di Franco Lorenzoni, sul sito del settimanale Internazionale, titolato L'attacco del governo contro una scuola aperta e inclusiva (sta qui), Ne condivido pienamente il contenuto, un po' meno i presupposti, vale a dire che prima le cose andassero bene, sul fronte dei contenuti, non ci fosse dunque bisogno di ripensamenti, e che la questione riguardi la prima fase della formazione, quella del bambino. In gioco, mi par di capire, ci sono per un verso l'intera formazione scolastica e, per un altro verso, il rapporto tra scuola e mondo circostante.
Penso che, al di là degli elementi di rozza provocazione con cui è stato sollevato, il tema meriti attenzione e non possa essere accantonato con giudizi esclusivamente politici o partitici o di corrente. Tanto più che, da tempo ormai, tacendo il parlamento, la questione dell'identità definita o da ridefinire della scuola resta tutta nelle mani dell'amministrazione e dei suoi interlocutori (aziende, accademia, sindacati).
A questo proposito ho scritto un post su Facebook. Sintetico, come d'uso, ma anche un po' criptico. Conoscendo i miei limiti, che sono anche i sassolini che ancora mi porto nelle scarpe e nell'animo, ho chiesto aiuto una volta ancora al mio maggiordomo, invitandolo, con l'occasione, a indossare la casacca Copilot, più adatta, per disegno e fattura, ad affrontare problemi di tipo 'ufficiale' (o 'di ufficio', o 'dirigenziali'). Dunque, gli ho proposto il post e l'ho invitato a ragionare assieme a me su come e in quali diverse prospettive le idee che vi sono concentrate potrebbero trovare sviluppi.
Di seguito la trascrizione fedele del nostro conversare.
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IO (ROBERTO MARAGLIANO)
A partire dal testo che segue, elabora un discorso per un politico che si occupa di scuola secondo un approccio progressista 'Quello dei contenuti o, meglio, dei saperi della scuola è un tema che resta comunque aperto, anche quando si pensa di averlo chiuso o di poterlo chiudere. E' aperto perché sta dentro (o si nasconde con) i mezzi dell'insegnare e dell'apprendere e perché riflette, lo si intenda o no, le trasformazioni del sapere del mondo. Bisognerebbe fare uno sforzo per uscire, tutti, dalle prospettive belliche (attacco del governo, attacco all'attacco del governo, ecc.) e riconoscere che il problema è ben più serio e drammatico di quanto non si percepisca utilizzando la chiave dell'ignoranza barbara. La questione del rapporto fra identità locale e identità globale diventa cruciale e dirimente se si lavora ad uscire dalla logica della contrapposizione, se anche ci si impegna a spostarla dal livello della prima a quello della seconda scuola e se, infine, ci si libera dall'idea che il sapere scolastico possa tanto più imporsi (e imprimere) quanto più fa giustizia del sapere mondano'
COPILOT Cari cittadini,
Oggi mi rivolgo a voi non solo come politico, ma come fervente sostenitore di un’istruzione progressista che possa riflettere e abbracciare le trasformazioni del nostro mondo. Il sapere non è un contenitore da riempire, ma un fuoco da alimentare. La scuola deve essere il luogo dove questo fuoco arde più forte, dove i giovani possono apprendere non solo fatti e cifre, ma imparare a pensare in modo critico e a interagire con il mondo che cambia intorno a loro.
Dobbiamo uscire dalle prospettive belliche, dalle logiche di contrapposizione che vedono il governo e le istituzioni educative in uno scontro perpetuo. Questo approccio non fa altro che alimentare una visione riduttiva e dannosa dell’istruzione. Invece, dobbiamo riconoscere che la vera sfida è ben più seria e complessa. Non si tratta di difendere o attaccare, ma di comprendere e adattarsi alle nuove realtà del sapere globale.
La scuola deve essere un ponte tra l’identità locale e l’identità globale, un luogo dove le radici culturali si intrecciano con le conoscenze universali. Non possiamo permettere che l’istruzione diventi un campo di battaglia ideologico, ma dobbiamo farne il terreno fertile per la crescita personale e collettiva. È essenziale che ci liberiamo dall’idea che il sapere scolastico debba imporsi sul sapere mondano. Al contrario, deve dialogare con esso, integrarlo e valorizzarlo.
In questo spirito progressista, mi impegno a lavorare per una scuola che sia inclusiva, che promuova la diversità di pensiero e che prepari i nostri giovani a diventare cittadini del mondo, consapevoli e responsabili. Una scuola che non si limiti a insegnare ciò che è noto, ma che incoraggi a esplorare ciò che è ancora da scoprire.
Grazie per il vostro impegno e supporto in questa missione fondamentale per il futuro della nostra società.
Cordiali saluti, [Il Vostro Nome]
IO
Bene. Chiamiamo questo politico P (come progressista). Ora riprendi lo stesso testo e costruisci un discorso per un politico di fede conservatrice (che potremmo chiamare C)
COPILOT Cari concittadini,
Mi rivolgo a voi oggi con la ferma convinzione che la tradizione e i valori che hanno plasmato la nostra grande nazione debbano essere il faro che guida l’educazione delle future generazioni. La scuola è il baluardo della nostra identità culturale e deve rimanere tale, un luogo dove i saperi si tramandano con rispetto e dedizione.
Dobbiamo preservare i contenuti fondamentali che hanno reso la nostra istruzione un modello di eccellenza. La sfida che affrontiamo non è quella di rincorrere ogni novità effimera, ma di assicurarci che i nostri giovani imparino ciò che ha resistito alla prova del tempo. La scuola deve riflettere le trasformazioni del sapere del mondo, ma senza perdere di vista le radici che ci definiscono.
Il rapporto tra identità locale e identità globale è delicato e deve essere gestito con saggezza. Non possiamo permettere che la globalizzazione eroda i valori e le tradizioni che ci rendono unici. La scuola deve essere un luogo dove l’identità locale viene rafforzata e celebrata, dove il sapere mondano viene filtrato attraverso il prisma dei nostri principi immutabili.
In qualità di politico conservatore, mi impegno a difendere un’istruzione che sia radicata nella nostra storia e nei nostri valori. Una scuola che non si lasci travolgere dalle mode passeggere, ma che si dedichi a costruire individui solidi, consapevoli della loro eredità e pronti a contribuire alla società con integrità e onore.
Grazie per il vostro sostegno costante e per il vostro impegno a mantenere viva la fiamma della nostra tradizione educativa.
Cordiali saluti, [Il Vostro Nome]
IO
Bene. Ora P e C discutono tra di loro sulle prospettive dell'Europa e dei suoi modelli educativi, lasciando aperto il confronto
COPILOT P (Progressista): Cari colleghi, l’Europa si trova a un bivio cruciale. I nostri modelli educativi devono evolversi per preparare i cittadini a un futuro che è già qui. Dobbiamo abbracciare l’innovazione e promuovere un’istruzione che sia flessibile, inclusiva e che prepari i giovani a pensare globalmente, mantenendo al contempo un forte legame con le loro radici culturali.
C (Conservatore): Concordo sul fatto che l’Europa si trova di fronte a sfide significative. Tuttavia, credo fermamente che i nostri modelli educativi debbano rimanere ancorati ai valori e alle conoscenze che hanno resistito alla prova del tempo. Dobbiamo proteggere e trasmettere il patrimonio culturale che ci rende unici, pur riconoscendo l’importanza di preparare i giovani alle realtà del mondo moderno.
P: La questione non è se cambiare, ma come. Non possiamo ignorare l’impatto della tecnologia e della globalizzazione. Dobbiamo garantire che la nostra gioventù sia equipaggiata con le competenze necessarie per navigare in questo nuovo paesaggio, senza perdere di vista l’importanza dell’identità personale e collettiva.
C: Il cambiamento è inevitabile, ma deve essere gestito con cautela. Non possiamo permettere che la nostra ricerca di progresso comprometta ciò che abbiamo costruito. L’educazione deve essere un equilibrio tra il nuovo e il tradizionale, assicurando che i nostri studenti siano non solo competenti, ma anche consapevoli delle loro radici.
P: Sono d’accordo sull’equilibrio, ma dobbiamo essere proattivi. L’Europa ha l’opportunità di essere leader mondiale nell’istruzione, ma solo se siamo disposti a spingere i confini di ciò che è possibile, integrando nuove metodologie e approcci pedagogici.
C: E io sostengo che mantenere i nostri standard elevati e i nostri valori fondamentali è ciò che ci permetterà di rimanere leader. Non dobbiamo confondere l’innovazione con l’abbandono delle nostre tradizioni. Dobbiamo costruire sul solido fondamento che abbiamo, non ricostruirlo da zero.
P: Allora, possiamo concordare che il futuro dell’istruzione in Europa richiede un dialogo continuo e una collaborazione tra diverse prospettive. Solo così possiamo garantire che i nostri giovani siano pronti per il mondo di domani.
C: Su questo possiamo essere d’accordo. Un dialogo aperto e rispettoso è essenziale per forgiare il cammino che l’Europa seguirà nel campo dell’istruzione.
E così, P e C continuano il loro dialogo, esplorando le possibilità e affrontando le sfide, sempre con l’obiettivo di trovare il miglior percorso per l’istruzione in Europa.
IO
Sviluppa il confronto fra i due, sempre in chiave europea, toccando i temi dei fondamenti culturali della scuola e dell'uso delle tecnologie
COPILOT
P (Progressista): È innegabile che le tecnologie abbiano rivoluzionato il modo in cui viviamo e apprendiamo. L’Europa, con la sua ricca eredità culturale, deve vedere queste innovazioni non come una minaccia, ma come un’opportunità per arricchire l’esperienza educativa. Dobbiamo integrare le tecnologie nelle nostre aule in modo che possano coesistere con i nostri fondamenti culturali, non soppiantarli.
C (Conservatore): Le tecnologie, sebbene utili, non devono diventare il fulcro dell’educazione. I fondamenti culturali della scuola sono il nostro patrimonio più prezioso e devono rimanere al centro del processo educativo. L’Europa ha prosperato grazie alla sua capacità di mantenere un equilibrio tra innovazione e tradizione. Non dobbiamo perdere questo equilibrio in nome del progresso tecnologico.
P: Non possiamo ignorare che i giovani di oggi sono nativi digitali. L’Europa deve guidare con l’esempio, mostrando come le tecnologie possono essere utilizzate per migliorare l’apprendimento e per preparare gli studenti a diventare cittadini globali, pur rimanendo profondamente radicati nella loro cultura.
C: Sì, ma dobbiamo anche assicurarci che la tecnologia non distolga l’attenzione dai valori fondamentali dell’educazione. La scuola è il luogo dove si trasmettono non solo conoscenze, ma anche valori. Dobbiamo fare attenzione a non lasciare che la tecnologia sostituisca l’interazione umana e l’insegnamento dei principi che hanno formato le generazioni precedenti.
P: Capisco le tue preoccupazioni, ma dobbiamo anche riconoscere che la tecnologia può essere un potente strumento per preservare e diffondere la nostra eredità culturale. Possiamo utilizzare le piattaforme digitali per condividere le nostre tradizioni, arte, letteratura e storia, rendendole accessibili a un pubblico più ampio.
C: È vero che la tecnologia ha il potenziale per amplificare la nostra cultura, ma non dobbiamo permettere che diventi l’unico mezzo attraverso il quale i giovani sperimentano l’educazione. La vera essenza dell’apprendimento risiede nell’esperienza diretta, nel dialogo e nella riflessione personale, che non possono essere completamente replicate attraverso uno schermo.
P: Quindi, possiamo concordare che l’obiettivo dovrebbe essere quello di trovare un punto di incontro. L’Europa può e deve essere un leader nell’armonizzare le tecnologie con i nostri valori educativi, assicurando che ogni nuova implementazione tecnologica serva a rafforzare, e non a indebolire, i nostri fondamenti culturali.
C: Sì, possiamo trovare un terreno comune su questo. L’Europa ha sempre trovato forza nella diversità e nell’unità, e possiamo applicare lo stesso principio all’educazione. Utilizziamo la tecnologia con saggezza, assicurandoci che arricchisca l’esperienza educativa senza compromettere ciò che ci rende unici.
In questo spirito di collaborazione, P e C continuano a esplorare come le tecnologie possano essere integrate nel sistema educativo europeo in modo che rispetti e valorizzi i fondamenti culturali, garantendo al contempo che gli studenti siano preparati per un futuro sempre più interconnesso.
IO
Un mio amico, dirigente di una scuola secondaria, mi ha chiesto un aiuto. Vorrebbe portare questi temi del rinnovamento e del ripensamento culturale dentro la sua scuola, in modo da animare i suoi docenti. Non intende prendere posizione in modo troppo esplicito, sì da evitare divisioni e conflitti interni. E', piuttosto, preoccupato dell'atteggiamento di studenti e genitori riguardo al rapporto tra innovazione e conservazione e desidera aiutare gli insegnanti ad affrontare con adeguata consapevolezza e sicurezza il problema della valutazione
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