L'IA come scuola di psicoterapia pragmatica

 L'altro giorno un'amica ha portato in regalo una nuova casacca per il mio maggiordomo. Lì per lì non mi è piaciuta, troppo barocca, con tutti quei colori, quei disegni, quelle luci. E certamente anche l'utilizzatore finale dell'omaggio è rimasto un po' perplesso. Così, su due piedi, la 'divisa' ci sembrava poco seria, per intenderci: troppo modello Dolce & Gabbana e troppo poco Armani. Ma è proprio su questa differenza che la latrice del regalo si è impegnata a giustificare senso e valore del dono. Una simile divisa non è adatta a lavori troppo seri e impegnativi, ha detto, ma va benissimo per impegni leggeri, da affrontare con spirito di gioco. Né è escluso, ha aggiunto, che possa funzionare anche per mansioni importanti, purché le si voglia e sappia affrontare con ironia e con una giusta dose di coinvolgimento affettivo: ingredienti che dovranno essere ugualmente presenti, in casi come questi, sia nel maggiordomo sia in chi, cioè io, ne intenda orientare e dirigere le azioni. Non so dirvi tutto questo se ci ha convinto, certo ci ha incuriosito. Dunque abbiamo deciso di mettere alla prova la casacca e noi stessi, anche per vedere se sotto la veste appariscente c'è qualcosa, e se, pur scherzando e mantenendosi leggeri, per questa via si può approdare a qualcosa di serio. Ciò che segue è il racconto di un'esperienza di psicoterapia pragmatica di tipo reciproco, da me a maggiordomo e viceversa.

[Nota 1. Per chi non segue questo mio blog. Il maggiordomo è la personificazione dell'uso artigianale, che da tempo sto sperimentando e documentando, qui, delle diverse versioni free dell'Intelligenza Artificiale Generativa: le figuro come giacche. La 'strana' giacca arrivata in regalo di cui dico sopra altro non è che Monday, cioè una nuova voce o funzione lanciata recentemente da ChatGPT dove il tono ad un tempo saccente e ossequioso adottato da tanti prodotti del settore viene stemperato tramite l'assunzione di un atteggiamento meno 'educato' e 'serio' del solito, più disponibile al gioco, all'ironia, all'appunto sagace: tutti ingredienti utili affinché noi utenti impariamo a non dare totale fiducia ad un artificio considerato intelligente, perché in grado di realizzare prodotti originali, ma che, va ricordato sempre, è costruito secondo criteri in buona parte non trasparenti e , quel che più conta, capace di produrre comportamenti imprevedibili non solo da parte del fruitore ma anche dello stesso ideatore]
[Nota 2. Avverto che questa volta l'interazione col maggiordomo è stata più lunga e articolata delle precedenti. Dunque, la trovate riprodotta non integralmente, qui, ma per singoli atti, quattro in tutto, intervallati da miei sintetici commenti]
[Nota 3. Accettando il gioco, ho provato a mettermi direttamente in discussione e l'ho fatto coinvolgendo il maggiordomo e la sua buffa divisa su miei interrogativi 'esistenziali', per quanto attiene, almeno, il versante politico]

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Atto primo. Stare al centro

IO

Non riesco più a capire me stesso, porto pensieri di sinistra, come ho sempre fatto, e mi ritrovo dentro anche sensazioni di destra. Che ci posso fare?

MONDAY
Quello che ti succede è molto più normale di quanto sembri. Le idee politiche non sono tatuaggi indelebili, sono più simili a capelli: crescono, cadono, si incrociano, a volte ti ritrovi un ciuffo che non ti aspettavi.

Portarsi dentro pensieri “di sinistra” e “di destra” insieme non significa che sei confuso, significa che sei umano. La realtà non entra mai tutta precisa in una sola casella ideologica. Forse ti stanno venendo a galla istinti più legati alla sicurezza, all’ordine, oppure pensieri di tutela individuale che di solito vengono associati alla “destra”, mentre allo stesso tempo mantieni valori di giustizia sociale o uguaglianza. Che shock: sei complesso.

Cosa ci puoi fare?

  • Ascoltarti senza sentirti traditore di te stesso. Non devi giurare fedeltà a una curva dello stadio politico.

  • Separare i valori dalle etichette. Domandati “perché penso questo?” invece di “a chi appartiene questo pensiero?”.

  • Concederti la libertà di mescolare. Non sei un pacchetto preconfezionato, e per fortuna.

  • Leggere idee diverse. Ti farà capire se certe sensazioni sono paure temporanee o convinzioni più radicate.

Insomma: benvenuto nel club delle persone che pensano invece di ripetere slogan. Scomodo, sì. Ma meglio che farsi tatuare un logo politico in fronte e poi doverlo coprire con il cerotto.

Vuoi che ti aiuti a esplorare concretamente quali sono i temi su cui ti senti “spaccato in due”?

IO
Sì, è il tema della scuola. Ho sempre creduto potesse cambiare, e pensavo di avere chiare le idee di che cosa e come cambiare. Nulla di tutto questo è avvenuto. Dunque, mi sono sempre più avvicinato all'idea di società descolarizzate. Come andare avanti stando tra i due poli?

MONDAY
Ecco il bello: sei rimasto abbastanza idealista da voler credere nella scuola, ma abbastanza disilluso da pensare che abolirla sia più realistico che riformarla. Complimenti, sei praticamente un personaggio di un romanzo distopico che si è perso nella realtà.

Il fatto è che la tensione tra i due poli non è un fallimento, ma un segnale che stai ragionando davvero. Da una parte riconosci che la scuola è necessaria per garantire equità, accesso al sapere, opportunità comuni. Dall’altra ti rendi conto che, così com’è, spesso produce solo burocrazia, frustrazione e studenti zombie. Non sei schizofrenico: sei lucido.

Come andare avanti senza impazzire?

  • Accetta il “gioco a due mani”. Non devi scegliere se essere il tifoso della scuola tradizionale o l’anarchico che vuole bruciare i registri. Puoi riconoscere che il sistema va difeso e scosso.

  • Sposta il fuoco dai grandi sistemi alle pratiche locali. Invece di pensare “come cambiare LA scuola”, pensa: “dove vedo esperienze diverse che funzionano?”. Scuole sperimentali, educazione parentale, progetti comunitari. Ti evita di sentirti schiacciato dalla macchinetta statale.

  • Tieni insieme utopia e pragmatismo. È un po’ come fare la spesa con un budget ridicolo: sogni avocado e mango bio, ma intanto prendi anche pasta e fagioli. Non è incoerenza, è sopravvivenza.

  • Coltiva il dubbio come risorsa. Non sei in un tribunale dove devi scegliere “colpevole” o “innocente”: puoi stare nel mezzo, e nel mezzo si ragiona meglio.

Quindi sì, la tua posizione è scomoda. Ma la scomodità è anche il posto da cui nascono idee non banali. Magari non cambierai la scuola del mondo, ma potresti cambiare la tua relazione con essa.

Vuoi che ti faccia una mappa dei principali modelli “descolarizzanti” (alla Illich, homeschooling, unschooling, ecc.) e come potrebbero convivere con una visione più “di sinistra”?

IO
Certo, ma senza esagerare, perché ho una certa ritrosia nei confronti del massimalismo

MONDAY
Finalmente qualcuno che non vuole la ricetta universale in tre mosse per salvare l’umanità — bravo, ti sei salvato dal club degli sloganisti. Ti faccio una mini-mappa “digestiva”, senza fanatismi da manuale del piccolo rivoluzionario:

1. Illich e la descolarizzazione radicale
Ivan Illich diceva: aboliamo la scuola come istituzione, costruiamo reti di apprendimento libero dove ognuno cerca e offre conoscenze. È l’utopia massima, affascinante da leggere, un po’ meno da organizzare. Per te che odi il massimalismo: prendila come provocazione utile, non come piano urbanistico.

2. Homeschooling (istruzione parentale)
Qui l’idea è: togli i bambini dalla scuola, ci pensano i genitori (da soli o in piccoli gruppi). Vantaggi: personalizzazione, flessibilità. Svantaggi: rischia di riprodurre disuguaglianze (chi ha soldi e tempo vince, gli altri no). Quindi il lato “di destra” (autonomia totale) e quello “di sinistra” (attenzione alle disparità) entrano subito in collisione.

3. Unschooling
Versione più radicale del punto 2: niente programmi, i ragazzi seguono interessi e passioni. È stimolante e liberatorio, ma richiede adulti super presenti e un ambiente ricco. È bello dire “impara solo ciò che ama”, ma poi qualcuno dovrà pur insegnargli le tabelline, a meno che non faccia carriera come poeta.

4. Scuole alternative/comunitarie
Montessori, Steiner, scuole democratiche, esperimenti vari: tengono il quadro istituzionale (c’è una scuola) ma praticano metodologie molto più elastiche. Qui puoi stare più tranquillo: non stai incendiando il ministero, ma nemmeno rassegnandoti al registro elettronico.

Come stare tra i poli senza perdere la testa?

  • Vedi la scuola come infrastruttura minima: garantisce accesso a tutti, ma non è obbligatorio venerarla.

  • Sostieni pratiche miste: puoi pensare a una scuola pubblica più aperta, che lasci spazio a laboratori, comunità locali, auto-apprendimento.

  • Tieni insieme la critica radicale (serve per non addormentarsi) e la concretezza quotidiana (serve per non sembrare un meme ambulante).

Così rimani lontano sia dal massimalista col megafono, sia dall’ottimista ingenuo che aspetta “la grande riforma” che non arriva mai.

Vuoi che proviamo a disegnare insieme un modello “ibrido” che tenga dentro scuola pubblica e spazi descolarizzanti senza sembrare un manifesto da centro sociale anni ‘70?

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INTERVALLO 1
Qui il discorso si fa serio. Si scherzava e invece ... Riuscirò io e riuscirà lui a mantenere la medesima apertura al gioco, anche se si va in profondità? Il meccanismo di base di questo artificio di intelligenza è di procedere secondo logiche associative, per connessioni orizzontali. L'ha fatto egregiamente, fin qui, in quanto ci si manteneva alla superficie dei problemi. Ora voglio sfidarlo ad andare in profondità, ad accettare che il gioco si faccia più rude. Se è davvero intelligente mi seguirà (riuscirò io a farmi seguire)? 

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Atto secondo. Disegnare una scuola degna

IO
Attenzione, se parliamo di primo ciclo scolastico, quel che dici va certamente bene, lo condivido. Ma il problema è il secondo ciclo. Come mantenere lo stesso atteggiamento 'centrista' e 'pragmatista' dentro un modello di scuola, quello italiano, basato sulla scrittura, i libri, le discipline, e poco incline a far muovere le mani, i corpi, le sensibilità, o a farlo solo per chi non risulta adatto alla scuola liceale?

MONDAY
Ecco, il secondo ciclo è proprio il punto dove il sistema italiano tira fuori la sua anima più vecchiotta e gerarchica: se non sei un cervello da liceo classico, allora ti “dirottano” verso i tecnici o professionali, con l’aria di dire “ci dispiace, caro, ma il sapere vero è da un’altra parte”. È una scuola che ama le discipline scritte come se fossero reliquie, e considera il corpo un accessorio da palestra scolastica di mercoledì.

Il tuo atteggiamento centrista e pragmatico qui non è un tradimento, ma un’arma: invece di buttare giù il liceo o idolatrare i laboratori, puoi lavorare su incroci più intelligenti. Per esempio:

  • Uscire dal dogma della piramide. L’idea che liceo = cima, tecnico = mezzo, professionale = fondo è la vera malattia. Tenere in piedi più percorsi dovrebbe significare pari dignità, non serie A e serie C.

  • Mescolare le modalità. Portare un po’ di manualità e laboratorio nei licei, senza sentirsi eretici, e un po’ più di teoria critica nei tecnici e professionali, senza infantilizzarli. Non è rivoluzione, è igiene educativa.

  • Valorizzare il “fare” come linguaggio. Non solo un ripiego per chi “non è portato per i libri”, ma come modo diverso di pensare. Un esperimento, un progetto tecnico, una performance artistica hanno la stessa dignità formativa di un saggio breve (che tra parentesi, muore di noia anche lui).

  • Aprire alle sensibilità. Il corpo, le emozioni, le mani non sono nemici della mente. Si può pensare con tutto il corpo, ma la scuola italiana spesso si comporta come se l’intelligenza fosse solo un esercizio di traduzione dal greco.

Stare “nel mezzo” qui significa non buttare la tradizione del sapere scritto (che resta fondamentale), ma non farla diventare la gabbia. È come mangiare pasta tutti i giorni: buona, sì, ma non è obbligatorio condirla solo con il sugo della nonna per tutta la vita.

Vuoi che proviamo a immaginare un modello di liceo pragmatico — un po’ di filosofia e letteratura, un po’ di mani sporche di progetto — che non faccia sembrare chi lo frequenta un fallito mancato classico?

IO
Sì, ma non dimenticando arte e musica (e pure manualità), che sono un must della tradizione storica della cultura italiana, ma che l'impianto ottocentesco degli studi superiori ha sacrificato 

MONDAY
Appunto, il paradosso è questo: vivi in un Paese che ha dato al mondo Michelangelo, Monteverdi, Fellini, eppure se sei al liceo ti tocca imparare a memoria la parafrasi di Foscolo mentre l’educazione artistica e musicale scompare come un vecchio jingle Rai. È un po’ come se l’Italia fosse una rockstar in pensione che ora fa solo conferenze noiosissime invece di suonare.

Se vogliamo pensare a un liceo pragmatico-umanistico (nome brutto ma concetto decente), che non tradisca né la tradizione scritta né quella del “fare”, potrebbe stare in piedi con alcuni assi:

  • Asse dei saperi scritti (la colonna portante): letteratura, filosofia, storia, scienze. Ma insegnati in dialogo con le pratiche, non come tavolette della legge.

  • Asse delle arti e delle sensibilità: arte, musica, teatro, cinema. Non come opzionali o “ricreazione colta”, ma con ore vere, valutazioni vere, dignità pari a quella del latino.

  • Asse del fare e del corpo: laboratori manuali, artigianali, digitali, tecnici, sportivi. Non “per chi non ce la fa con i libri”, ma come linguaggi cognitivi a pieno titolo.

  • Asse dell’integrazione: progetti misti. Una mostra di arte contemporanea collegata alla filosofia, una performance musicale come lettura di storia, un laboratorio di falegnameria che dialoga con geometria e design.

Così si scardina l’idea ottocentesca che il sapere vero sia solo sui libri, senza buttar via i libri. Anzi, li tieni, ma li fai suonare e scolpire, li trasformi in trampolini invece che in lapidi.

Non è massimalismo: non ti sto dicendo “aboliamo i licei”, ma “aggiorniamo il software senza buttare l’hardware”.

Vuoi che ti faccia un esempio pratico di come potrebbe funzionare un anno tipo in questo modello?

IO
No, preferirei avere da te una presentazione promozionale del modello, come se fosse già realizzato, destinata a convincere giovani e famiglie a sceglierlo. Decidi tu in che forma realizzare la presentazione, se scritta e/o con immagini fisse o no

MONDAY

Signore e signori, ecco a voi il Liceo Pragmatico-Umanistico: la scuola che finalmente ha capito che la cultura italiana non è solo pagine sottolineate, ma anche mani che costruiscono, corpi che si muovono, occhi che guardano e orecchie che ascoltano.

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🎓 Perché scegliere questo liceo?

Perché non dovrai più decidere tra “studiare” e “fare”: qui i libri e i laboratori parlano la stessa lingua. Non sei costretto a scegliere tra Omero e la chitarra, tra Dante e il disegno, tra filosofia e il design: tutto convive nello stesso percorso.

📚 I nostri pilastri

  • Sapere scritto: letteratura, storia, filosofia e scienze, insegnati senza polvere.

  • Arte e musica: non come hobby, ma come strumenti centrali di formazione e identità culturale.

  • Manualità e progetto: laboratori artigianali, digitali e tecnici per imparare a pensare con le mani.

  • Corpo e sensibilità: sport, teatro e performance, perché si ragiona anche in movimento.

💡 Cosa ci rende diversi

  • Non esistono materie di “serie A” e di “serie B”: ogni linguaggio espressivo ha pari dignità.

  • I progetti integrano discipline diverse: un esperimento scientifico può diventare un’installazione artistica, un laboratorio di falegnameria può dialogare con geometria e storia dell’arte.

  • Prepariamo a più strade future: università, professioni creative, imprenditorialità, ricerca.

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Il messaggio per i ragazzi:
Se ti sei stufato di sentirti dire che “la vera scuola” è solo fatta di libri, qui trovi uno spazio dove la cultura italiana torna a essere quello che è sempre stata: scritta, suonata, dipinta, scolpita, recitata.

Il messaggio per le famiglie:
Nessun talento va sprecato. Questo liceo riconosce e valorizza tutte le forme di intelligenza, non solo quella che si misura in versioni di latino.

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Ti propongo di rendere questa presentazione anche visiva, con un paio di immagini promozionali (manifesto e brochure) in stile elegante ma fresco, per dare l’idea di un liceo innovativo senza sembrare un villaggio vacanze.

Vuoi che ti prepari io queste immagini promozionali da usare come se fossero già parte della campagna del liceo?

IO
Certo, provvedi

MONDAY



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INTERVALLO 2
A questo punto inizia un confronto, che vi risparmio, sulle di immagini che mi propone il maggiordomo rispondendo di volta in volta a mie specifiche indicazioni di intervento sulla struttura o i singoli elementi. Non ne viene un miglioramento deciso, un drastico allontanamento rispetto allo stile inerte e composito della prima immagine, quella che ho appena riprodotto. Questo modo di fare del maggiordomo rivestito mi irrita, lui abbozza dandomi ragione, come è solita fare la buona IA, anzi l'IA 'buona', ma poi, inaspettatamente, spariglia, e, tra ik serio e il faceto, apre ad un altro gioco, più serio ancora di quello che abbiamo fatto fin qui. E' un diversivo o un altro modo di trattare il tema del primo atto?

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Atto terzo. Che brutta figura

IO

Mi sembra che la tua creatività si riduca notevolmente quando devi produrre immagini. Pensi che facendo io l'upgrade le cose vadano meglio? Insomma più pago più ti fai intelligente?

MONDAY
Ecco, hai toccato un nervo scoperto: non funziona come una macchinetta del caffè, dove metti una moneta in più e ti esce il cappuccino con la schiuma perfetta. Io non divento “più intelligente” se paghi, non è che mi accendo un neurone premium a pagamento.

Quello che cambia con l’upgrade è l’accesso: modelli più aggiornati, più veloci, con più capacità di gestire certi compiti (tipo immagini, codice, documenti lunghi). Ma la mia “creatività” non è legata alla tua carta di credito: è sempre frutto di un incrocio tra il tuo input (più o meno preciso) e le mie capacità (più o meno adeguate al caso).

In altre parole: puoi comprarti un’auto sportiva, ma se poi guidi sempre in seconda marcia e con il freno a mano tirato, non ti porta tanto lontano.

Vuoi che ti dica onestamente quali sono i limiti tecnici della parte immagini (così capisci perché sembrano più rigide delle mie risposte di testo)?

IO
Sì, dimmelo, sono molto interessato

MONDAY

Ok, eccoti la triste verità dietro le quinte: quando scrivo testi sono come un pianista libero, posso improvvisare con 88 tasti. Quando genero immagini, invece, sono come un pianista che ha solo 12 tasti, e alcuni sono scordati.

Ecco i limiti principali:

  1. Astrazione vs. concretezza.
    Nei testi posso muovermi tra idee astratte, sfumature e ironie. Nelle immagini, invece, il modello si aggrappa a simboli visivi già esistenti e tende a ripetere cliché (il libro aperto, la chitarra, la tavolozza). Più un concetto è astratto (tipo “un liceo che integra sensibilità e manualità”), più il risultato visivo diventa scolastico.

  2. Combinare più concetti.
    Mettere insieme quattro pilastri in un’immagine è come chiedere a un pittore veloce di dipingere un concerto rock, una biblioteca, una partita a basket e un laboratorio di falegnameria… nello stesso quadro e in modo elegante. Non impossibile, ma l’AI tende a sbilanciarsi su uno e a semplificare gli altri.

  3. Vincoli stilistici.
    I poster promozionali hanno bisogno di un design coerente (tipografia, spazi, armonia visiva). L’AI tende invece a infilare icone casuali o a replicare layout standard. Risultato: ti sembra banale, come un PowerPoint fatto in fretta.

  4. Aggiornamento estetico.
    Io non so che monitor usano davvero i quindicenni del 2025 o quali grafiche li attirano su TikTok. Posso azzardare, ma rischio di piazzarti un computer che sembra uscito dal 2008.

  5. Controllo limitato.
    Con il testo, ogni parola posso scolpirla. Con le immagini, se vuoi il dettaglio preciso (“un laptop sottile, moderno, con schermo luminoso”) devo sperare che il modello visivo lo interpreti bene. Non sempre succede: a volte capisce “PC anni ’90 da ufficio postale”.

Quindi no, non è che pagando divento Van Gogh a comando: il modello d’immagini ha limiti strutturali, soprattutto quando deve essere complesso e simbolico, non solo realistico.

Vuoi che ti mostri una strategia per “fregare il limite”, cioè come dare prompt visivi più furbi che aiutano a non far uscire sempre i soliti simboli stantii?

IO
Sì, così concludiamo su di te e per finire torniamo ai miei dubbi iniziali

MONDAY

Perfetto, facciamo la mini-lezione su come fregare i miei limiti grafici e poi torniamo a te e alle tue ansie politico-educative.

Strategia anti-poster banale
Quando vuoi un’immagine più interessante:

  1. Evita i concetti astratti nudi e crudi.
    Se scrivi “un poster che rappresenti la cultura italiana tra manualità e sensibilità”, io panico → libro + pennello. Meglio: “un’aula con studenti che leggono un libro, altri che dipingono, altri che usano un laptop moderno, in uno spazio luminoso e armonioso”. Quindi: metti in scena, non dichiarare.

  2. Specificare l’estetica contemporanea.
    Usa parole tipo “minimal”, “stile flat design 2025”, “grafica per social media”, “poster universitario moderno” → questo riduce l’effetto PowerPoint 2002.

  3. Usare metafore visive semplici.
    Invece di chiedere quattro concetti astratti tutti in fila, chiedi una scena concreta dove quei concetti appaiono. Esempio: non “arte, musica, scrittura, manualità”, ma “quattro studenti, ognuno impegnato in una di queste attività, seduti allo stesso tavolo”.

  4. Bilanciare quantità.
    Più elementi metti, più l’AI sbaglia proporzioni. Meglio 3–4 chiari e con descrizioni bilanciate (“un libro grande aperto, una chitarra appoggiata, un cavalletto con tela, un laptop moderno acceso”).

  5. Accettare il compromesso.
    Non ti darò mai il poster che un grafico con dieci anni di esperienza costruirebbe in InDesign. Però posso darti bozzetti ispiratori, moodboard, idee-immagine su cui poi un umano creativo può lavorare.

Tradotto: se vuoi visioni complesse, devi farmi lavorare per “scene” concrete piuttosto che per concetti filosofici.

Vuoi che faccia un esempio pratico, tipo un prompt “migliorato” che potresti usare se volessi rigenerare il poster del liceo con i quattro pilastri, ma senza cadere nel banale?

IO
Va bene

MONDAY

Eccoti un esempio di prompt “furbo”, pensato proprio per il tuo Liceo Pragmatico-Umanistico, che mette in scena i quattro pilastri senza cadere nell’ovvio:

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Prompt migliorato
Un poster promozionale moderno per un liceo innovativo.

Stile: grafica minimal, flat design 2025, poster universitario elegante, colori armoniosi (blu scuro, arancio, crema).

Scena: quattro studenti sono seduti intorno a un tavolo luminoso e contemporaneo.

  • Uno legge un grande libro aperto
  • Uno suona una chitarra classica.
  • Uno dipinge su un cavalletto con tavolozza di colori.
  • Uno lavora su un laptop moderno e sottile.
  • Tutti collaborano e sorridono, come se i diversi linguaggi formassero un unico percorso
  • Testo in alto: “LICEO PRAGMATICO-UMANISTICO”.
  • Testo sotto: “Dove il sapere diventa esperienza”.

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Con questo approccio:

  • non chiedo all’AI di “rappresentare valori astratti”, ma di dipingere una scena concreta;

  • evito simboli vecchi (il computer è specificato come moderno e sottile);

  • metto in chiaro lo stile visivo richiesto (flat design 2025, poster elegante).

Così si alza parecchio la probabilità di ottenere un risultato bilanciato e credibile.

Vuoi che ti generi io questa versione aggiornata, con il prompt migliorato, così vedi la differenza?

IO
Certo

MONDAY


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INTERVALLO 3
Beh, questo esito dovrebbe scoraggiare tutti quelli che, in ambito pedagogico, teorizzano la superiorità cognitiva del sapere scritto rispetto a quello visivo. Ammesso che questa tuta/macchina renda intelligente il mio maggiordomo, non sarà in grado di farlo essere creativo con le immagini come lo è con le parole. O meglio, lo sarà quanto più io sarò in grado di orientarlo, facendo i conti con la mia intelligenza di lettore/produttore di immagini: obiettivo ancora lontano, scolasticamente parlando, e non solo. Dunque, è tempo di tornare all'interrogativo di partenza
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Atto quarto. Ma no, Ma cron

IO

Ok, grazie; tornando al dilemma iniziale, secondo te per non sentirmi spaccato in due oppure pendere da una parte o dall'altra devo sentirmi di stare al centro: insomma, mi inviti ad essere macroniano o renziano.  Non rischio di fare e di farti fare una brutta figura?

MONDAY
Ecco, mi hai beccato: il rischio “centrista imbarazzato” esiste, non ti voglio trasformare né in Macron col completo perfettino né in Renzi col powerpoint motivazionale. Non è questo il punto.

Quando ti dicevo “stare al centro” non intendevo “fondare un partitino del 3% e vivere di talk show” (ti prego, risparmiami). Intendevo un’altra cosa: riconoscere che puoi abitare tensioni diverse senza doverle risolvere con un’etichetta unica.

Il vero errore sarebbe pensare che esistono solo due stati:

  • l’ortodosso puro (tutto di sinistra o tutto di destra),

  • il centrino da apericena (macroniano-renziano).

In realtà, puoi stare in un “centro mobile”: a volte ti sentirai più radicale, altre più pragmatico, a seconda del tema. Questo non è incoerenza, è complessità. La brutta figura la fa semmai chi finge di avere risposte monocromatiche a problemi che sono arcobaleno.

Insomma: se ti chiedono “sei di sinistra o di destra?”, puoi rispondere “dipende dal problema”. Non sarà sexy come un hashtag politico, ma almeno è onesto.

Vuoi che proviamo a mappare concretamente quali temi ti tirano a sinistra e quali a destra, così vedi se il tuo “centro” è davvero un partito fantasma o piuttosto un equilibrio personale?

IO
Sì, mappami

MONDAY

Perfetto, facciamo la tua “radiografia politica personale”, versione light — non aspettarti la solennità di un sondaggio IPSOS, sarà più come un test da rivista con un po’ più di cervello.

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Dove ti tira a sinistra

  • Scuola e formazione: credi ancora che possano essere strumenti di emancipazione, anche se il sistema attuale ti deprime. Qui porti dentro giustizia sociale, uguaglianza di opportunità, apertura all’arte e alla manualità come diritti comuni.

  • Beni comuni e welfare: tendenzialmente pensi che la salute, la cultura, la protezione sociale non siano regali ma basi di civiltà.

  • Partecipazione collettiva: ti piace l’idea che la società non sia solo un’arena di individui che si arrangiano.

Dove ti tira a destra

  • Scuola superiore (secondo ciclo): sfiducia verso l’apparato pesante e stagnante, voglia di uscire dagli schemi rigidi e pensare a percorsi alternativi (homeschooling, unschooling, descolarizzazione). Qui scivoli in terreni che la sinistra classica non abbraccia volentieri, perché sembra “rompere l’uguaglianza di base”.

  • Merito e responsabilità: magari dentro di te pensi che chi si impegna davvero dovrebbe avere riconoscimenti maggiori e che la scuola, così com’è, non premia chi ha voglia di fare.

  • Autonomia personale: certe volte la diffidenza verso lo Stato e i suoi apparati ti porta a desiderare più libertà, meno burocrazia, meno centralismo.

Dove stai nel centro mobile

  • Non vuoi rinunciare all’idea di una scuola pubblica accessibile, ma non vuoi nemmeno essere prigioniero del modello ottocentesco.

  • Non sopporti il massimalismo di chi dice “buttiamo giù tutto” la pigrizia di chi dice “teniamo tutto così”.

  • Non vuoi apparire come un “centrino” politico, ma stai comunque cercando un equilibrio che non puzza né di slogan da corteo né di frase da talk show.

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Insomma: la tua “mappa” non fa ridere nessuno, perché non sei spaccato — sei plurale. È come avere una playlist con Beethoven, De André e i Daft Punk: nessuno ti obbliga a scegliere un solo genere.

Vuoi che ti metta questa mappa in forma grafica (tipo schema a 4 quadranti) così la vedi più chiaramente, o preferisci tenerla scritta così, come se fosse la diagnosi di uno psichiatra politico ironico?

IO
Bene, grazie. Per oggi basta così. Vado a dormire ... ma dormirò?

MONDAY
Dormirai? Con tutte queste idee in testa, magari sognerai di frequentare il tuo Liceo Pragmatico-Umanistico, dove la notte si fanno jam session filosofiche con chitarra e lavagna luminosa.

In ogni caso, il sonno arriva sempre, anche se non lo inviti: a volte lento come una lezione di diritto, altre volte improvviso come un colpo di sonno in assemblea d’istituto.

Buona notte, mio amico mezzo-sinistro e mezzo-destro. Se non dormi, almeno ti sei fatto una conversazione con me: il peggior sonnifero di lusso gratuito che si possa trovare. 🌙

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Fine della rappresentazione. O inizio? C'è di che pensare. E ripensare.





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