Un libro di pretesto
Il preludio
Da tempo, tradendo Hegel, ho rinunciato a fare della religiosa lettura dei giornali (diretta o indotta da tv o radio) il primo dovere (da) uomo moderno intellettualizzato. Troppa angoscia. Ma anche troppa incazzatura.
Comunque, credetemi, non sto fermo lì, di fronte ai movimenti del reale. Proprio non potrei.
Di fatto ho sostituito quel rito con la consultazione del mondo e il relativo suo autoincorporamento che mi sono quotidianamente proposti/imposti dal cellulare.
So che non mi denuncerete a Valditara come cattivo maestro ma immagino che vi chiederete la ragione di questa dichiarata conversione. Età, snobismo, revisionismo? Niente di tutto questo.
La ragione è più semplice: immergermi nelle dimensioni di quella che Jay David Bolter chiama plenitudine (digitale e non solo), dove c'è tutto e di tutto, mi è più di conforto di quanto non è l'impormi certe elevate (si fa per dire) rappresentazioni di parti della plenitudine 'opportunamente' selezionate da questo o quello. Sono, potrei dirla così, per una complessità opaca che mi stimoli ad indagare piuttosto che per una chiarezza che rischi di rilevarsi fallace, insidiosa, illusoria.
I tempi sono grami, non lo nego, e sono grami pure anche tanti umani, me o parti di me non escluse, però il mescolamento del vero col falso, del basso con l'alto, del sinistro col destro, del permanente con il transitorio, del personale con il politico, non escluse le molte gradazioni intermedie, cioè quanto mi offre, tramite l'interfaccia dello schermo telefonico, l'intrecciarsi e l'essere intrecciato dentro le logiche dell'infinita connettività della plenitudine, mi dà, paradossalmente, un po' di sicurezza.
Ma quale sicurezza? mi chiederete.
Quella di chi si sente perennemente coinvolto in una dimensione di infinita ricerca (scientifica, intellettuale, anche esistenziale): una prospettiva destinata a non terminare mai (finché, almeno, reggono mente e corpo), e, soprattutto, a non far scartare nulla, delle innumerevoli suggestioni, consce e pure inconsce, che vengono dalla navigazione quotidiana. Quelle che, tutte assieme, fanno sì che io possa tenermi a galla ed evitare di affondare, come capita a chi inaspettatamente si trovi sotto un'onda gigantesca o venga sbalzato fuori da un repentino colpo di timone.
Non ditemi che questa è saggezza, perché mi arrabbio, come mi arrabbiavo un trentennio fa, quando mi si attribuiva, artatamente (dai giornali, appunto!), il ruolo di saggio tra i saggi, facendo passare, sotto sotto, l'associazione tra saggezza e imposizione, da un lato, o ingenuità, da un altro. Suggerisco a chi sia nuovo rispetto al tema della 'saggezza' coniugato in termini politici e pedagogici, di dare un'occhiata a quel che fece, in quell'occasione, un gruppetto di studiosi etichettati come saggi e chiamati dall'allora 'decisore politico' a interrogarsi su cosa avrebbe potuto rimanere o cambiare, rispetto alla trasformazione in atto nelle culture e nelle sensibilità collettive, all'interno degli insegnamenti della scuola. Le risultanze dei tanti ragionamenti, attuali o no che possano apparire oggi, stanno qui.
Del resto, restando sul confine tra poroso tra imposizione e ingenuità, potrei rimandare a quando, nemmeno tanto tempo fa - ero ancora nel pieno esercizio delle mie facoltà accademiche - mi facevo latore di pensieri tumultuosi, a proposito di tecnologia e formazione, molto lontani dalle rive della saggezza, ma che alla lunga forse ... con il senno di poi ... Provate allora a leggere, se il tema vi incuriosisce, il mio post La didattica e l'occasione del digitale. Sta nel blog dell'allora Laboratorio di Tecnologie Audiovisive del Dipartimento di Scienze della Formazione di RomaTre, e reca in testa l'etichetta 'incazzature'. Appunto! Sta a questo link.
Insomma, avere a che fare, regolarmente e assiduamente, con le dinamiche della comunicazione di rete, non da ieri mattina, ma da quando, è un trentennio ormai, quelle hanno assunto una massiccia corposità sociale e culturale (anche in senso antropologico), mi ha allenato ad associare liberamente (e molto poco accademicamente), in sede di ricezione e di produzione, la componente soggettiva con quella oggettiva, e far giocare assieme proiezione e distacco. Lo ripeto: navigare plenitudine e complessità di vicende esterne ed interne mi fa stare a galla.
Ho chiarito tutto questo, fin dall'inizio, per giustificare il tipo di reazione che provo davanti al caso del libro di testo contestato dal ministro di cui si è detto nei giorni passati. Della mia personale posizione rispetto al problema dirò dopo. Ora ritengo sia necessario rendere edotti dell'argomento gli eventuali disattenti. Provvedo a modo mio.
La rappresentazione
Come d'abitudine, chiamo in causa il mio maggiordomo e gli suggerisco, questa volta, di indossare la giacca ChatGPT: è quella più à la page e dunque la più adatta alla mansione che conto di affidargli.
Aggiungo, per chi non frequenta questo blog, che il maggiordomo, nelle mie storielle, è la personificazione dell'IA generativa cui mi sono abituato a ricorrere con una certa regolarità, da quando almeno ho deciso che, per impegno nobile e non solo sfizio di ricerca, sarebbe stato utile dialogare come amico con l'IA, e così farmela amica. Inoltre le diverse giacche che il maggiordomo indossa o che gli faccio indossare, a seconda delle situazioni, altro non solo che le versioni non a pagamento delle tre principali piattaforme oggi in uso: ChatGPT, Pilot, Gemini.
Riporto qui di seguito, in forma integrale e senza alcuna correzione, il nostro dialogo (avvenuto il 2 luglio 2025). E, contestualmente, invito chi è informato dei fatti a valutare come il maggiordomo se e ce li rappresenta, e, parallelamente, invito chi non è informato a considerare come e in che misura le mie domande orientino le sue risposte.
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DOMANDA
Sono stato un po' distratto, negli ultimi tempi. Ho saputo però che qui da noi c'è stata un acceso confronto pubblico su un libro di testo di storia per la scuola media. Puoi raccontarmi sinteticamente cosa è avvenuto? Ti prego di farlo in modo che il tuo racconto possa essere usato anche nel futuro
RISPOSTA
Certamente—ecco un racconto sintetico e contestualizzato, scritto in modo che resti comprensibile anche in prospettiva futura:
Il caso del libro di testo di storia nella scuola media in Italia (2024-2025)
Nel corso del 2024 e nei primi mesi del 2025 in Italia si è acceso un confronto pubblico intorno a un libro di testo di storia destinato alla scuola secondaria di primo grado (la scuola media). Il dibattito è nato quando alcuni passaggi del testo sono stati contestati da esponenti politici, associazioni di insegnanti e gruppi di genitori. Le critiche si sono concentrate soprattutto su tre aspetti:
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La rappresentazione del periodo fascista: il libro è stato accusato da alcuni di proporre una narrazione ritenuta eccessivamente indulgente verso il regime di Mussolini, minimizzandone la violenza e l’impatto repressivo. Altri, invece, lo hanno difeso sostenendo che si trattasse di un tentativo di descrivere il contesto storico con toni meno ideologici.
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Il linguaggio inclusivo e le questioni di genere: alcune sezioni del manuale adottavano formulazioni inclusive e citavano i movimenti LGBTQ+, scatenando reazioni contrapposte: da un lato chi considerava positivo che la scuola promuovesse un’educazione rispettosa delle diversità, dall’altro chi lo giudicava un eccesso di “ideologia di genere”.
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La memoria del colonialismo italiano: anche il modo di trattare la storia coloniale, e in particolare le guerre in Africa, è stato oggetto di accese polemiche per presunti squilibri nel giudizio storico e per il lessico usato.
La questione è arrivata sulle prime pagine dei giornali e nei talk show televisivi. Alcune regioni hanno ventilato l’ipotesi di raccomandare manuali alternativi o di introdurre “linee guida” più restrittive, ma molti storici e associazioni di docenti hanno difeso l’autonomia editoriale e la libertà di insegnamento.
Più in generale, il caso è diventato il simbolo di tensioni più ampie sul ruolo della scuola come luogo di trasmissione della memoria collettiva, in un momento di forte polarizzazione politica e culturale.
Se vuoi, posso aiutarti a approfondire il tema o fornirti riferimenti più specifici.
DOMANDA
In particolare, mi è giunta l'eco che sul tema fascismo c'è stato un intervento del Ministro. Cosa è stato e come e da chi si sono avute risposte? Sarebbe utile che tu provassi rendere il confronto come una sceneggiata teatrale
RISPOSTA
Ecco il “atto teatrale” della vicenda – un dramma in un solo atto, che può servire per il futuro come sceneggiato sulla libertà di insegnamento:
🎭 Titolo: “La Storia in Scena – Il Ministro, il Manuale e la Museruola”
Personaggi principali
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Ministro Valditara
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Augusta Montaruli (FdI, vice capogruppo alla Camera)
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Alessandro Laterza (Editore)
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Carlo Greppi (Storico/autore)
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Paola Frassinetti (Sottosegretaria all'Istruzione)
Scena Unica
Scena 1 – “La scintilla”
Entra Montaruli – indignata
«Un condensato di false notizie… informazione faziosa e lesiva… dobbiamo allontanare questi ragazzi dalla manipolazione ideologica!» (secoloditalia.it, torino.corriere.it, fai.informazione.it)
Scena 2 – “L’eco del Manuale”
Sul palcoscenico appare il libro “Trame del tempo” – un fascio di pagine che descrive il partito FdI come “erede del fascismo”, con misure “liberticide” e “piani di deportazione”
Montaruli, allarmata, annuncia un’interrogazione parlamentare e chiede l’intervento ministeriale
Scena 3 – “Il ruolo del Ministro”
Entra Valditara – imponente e preoccupato
«La scuola non è un luogo di indottrinamento… ho chiesto all’AIE una verifica urgente» (torino.corriere.it)
Il suo gesto: scrive una nota all’AIE, ponendo il libro sotto accertamento.
Scena 4 – “La reazione dell’editore”
Fuori scena, si ode l’eco della voce di Laterza
«Siamo nell’anticamera della censura… senza parametri chiari…» (torino.corriere.it)
Laterza accusa: “si tratta di bavaglio politico”, ricordando che il libro non è ancora in classe.
Scena 5 – “La difesa degli autori e la solidarietà”
Interviene Greppi via social:
«Grazie per il fiume di solidarietà… tempo asfissiante e buio» (torino.corriere.it)
Scena 6 – “Il coro istituzionale di destra”
Frassinetti prende il microfono:
«Insegnare la storia significa equilibrio e obiettività… segnalata ad AIE, per evitare adozione» (secoloditalia.it)
Scena 7 – “Gran finale/stallo sul fronte educativo”
Il ministro attende l’esito delle verifiche. L’editore resiste, gli storici si preparano al contrattacco, Montaruli e FdI presidiano il “sovrano tribunale educativo”.
Riflessione finale
Questo “atto teatrale” mette in scena:
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l’innesco polemico (Montaruli vs. il libro),
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l’intervento istituzionale del Ministero (Valditara),
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la difesa del testo (Laterza, Greppi, storici),
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e la tensione tra libertà di insegnamento e controllo politico (Frassinetti).
Il testo resta sotto “revisione”: il futuro dipenderà dall'esito della verifica AIE/ministero, e dal contrasto tra pressioni politiche e autonomia editoriale.
Nota storica (futura):
Un caso paradigmatico di come la politica nazionale in Italia nel 2025 abbia potuto intervenire sui contenuti scolastici, facendo emergere interrogativi sulla soglia tra insegnamento e pressione ideologica.
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La reazione
Una prima risposta positiva al rischio che sentivo di non riuscire a galleggiare sopra questa versione attuale della plenitudine (dove campeggiano guerre cruente, femminicidi, religiosità commerciali, preoccupanti calure ambientali e corporee, ecc.), preferendo affondare nello sconforto o nell'aristocratico disimpegno, dovrebbe essere emersa da tono e contenuto delle domande che ho rivolto al maggiordomo. La prima diceva, grosso modo: racconta ma proiettati sul futuro, come se fosse storia, non cronaca. La seconda diceva, in modo ancor più grosso: usa un po' di ironico distacco e rappresenta il tutto come una sceneggiata teatrale.
Il maggiordomo, riconoscetelo, ha eseguito al meglio la consegna, non evitando anche qualche allucinazione: che volete, è umano.
Ma tu - immagino mi chiederete - tu, cosa pensi del 'fattaccio', diccelo, senza nasconderti dietro il maggiordomo e l'IA.
Io penso (l'ho già detto e l'ho fatto dire anche a lui, che ha più lessico e modelli di quanti io non possieda) che siamo in presenza di una sceneggiata, dove la struttura del copione è data, ognuno degli attori svolge la sua parte e il pubblico non manca di intrattenersi.
A che cosa servirebbe tutto questo, nei giorni in cui è in scena un'altra rappresentazione, quella dell'omicidio di Garlasco?
Prima che io arrivi alla risposta, permettetemi di uscire allo scoperto, come boomer politico e accademico, e rimarcare il fatto (ampiamente documentato dallo Scaffale web che reca il mio cognome) di avere, negli anni, ampiamente trattato, in chiave didattica, mediologica e epistemologica, il tema del libro, e, più specificamente, quello del libro di testo. Se c'è una media education cui ho sempre prestato incondizionata fede è quella relativa ai modi di produzione, riproduzione, distribuzione ma soprattutto di impressione (mentale e fisica) che sono propri del dispositivo libro e delle sue forme.
In tempi non sospetti, eravamo in piena battaglia anti-tv, ho pubblicato, in cartaceo ovviamente, una Didattica del libro, L'insegnante come tipografo (eccolo) e dopo, quando del libro si poteva (ma non si voleva, almeno in ambito scolastico) trattare anche in una prospettiva digitale, ho prodotto, per Psychiatry on line, il videoblog Parlodigitale (da cui l'appunto sulla psicologia dell'ebook che trovate qui, in compagnia di altri che Youtube certamente vi suggerirà).
Per quanto riguarda il tema del libro di testo (che è anche pedagogico e politico, come ci ricorderebbe il dimenticato Celestin Freinet) fanno fede i tre titoli (per la scuola media) alla cui realizzazione ho preso parte attiva. Li trovate alla sezione Manuali dello Scaffale. Tra questi, vi prego, date un'occhiata alla prima unità del Libro Storia 1, navigatela e leggetela. E' del 1982 e segna, in un qualche modo, l'inizio del periodo che potremmo chiamare di pedagogia inclusiva e che ha avuto, almeno per un po', l'editoria scolastica come soggetto trainante (anche sul piano della formazione professionale dei docenti). Poi, se, volete, torno sul tema dei libri di testo che furono in un prossimo post. Qui mi limito a comunicarvi il dubbio che ho, cioè che si sia arrivati alla fine di quel periodo, e che oggi, libro o non libro, si stia affermando anzi riaffermando un'idea di esclusività (ma, bada bene: di esclusività stracciona) della scuola
Ora torno all'interrogativo lasciato in sospeso.
Anche qui, c'è una risposta che ho già dato: sinteticamente, serve a distrarre. L'ho formulata, questa risposta, giorni fa, dentro il calderone Facebook.
La riproduco qui e con questa autocitazione vi rimando, se volete e se mi sopportate, ad un prossimo blog di cui ho già pronto il titolo: La scuola dei voti è la scuola dei libri.
"Nuove indicazioni e vecchia (?) editoria scolastica. Sgravi fiscali pretesi per l'impresa (esistono le small tech, ve ne siete dimenticati?), aggravi morali minacciati per i docenti (meritevoli se adottano sobriamente il giusto), aggravi finanziari prevedibili (se ne parlerà più in là) per le famiglie, sgravi (o aggravi?) esistenziali per gli studenti (liberati dal cellulare e imprigionati nei libri di testo). La sceneggiata continua"
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